N.RG. V. G. 180/2018
TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO
sezione prima
Il Giudice delegato, dr. A. Petronzi,
letta la proposta di composizione della crisi da sovraindebitamento formulata da …………..
lette le memorie autorizzate depositate dalla Banca Popolare di Sondrio e dal debitore in replica;
OSSERVA
Il piano del consumatore si fonda in buona sostanza su una proposta dilazione del credito residuo ancora vantato dalla Banca Popolare di Sondrio per l’acquisto di immobile destinato ad abitazione principale del debitore, con una rateazione di 20 anni, offrendo ai creditori il pagamento della complessiva somma di euro 125 mila, quale capitale residuo con tasso di interesse fisso del 2,30% annuo, e con una ratea mensile costante di euro 650,27, a fronte del valore stimato dell’immobile, già oggetto di procedura esecutiva immobiliare, di euro 125.108,00 (con prezzo base stimato per il primo esperimento di vendita, applicata la riduzione forfetaria del 15% in euro 106.341,80). E solo in subordine, sulla cessione del predetto bene.
La banca si è opposta alla omologa del piano lamentando essenzialmente la irragionevole durata della procedura, articolata in 20 anni.
Sussistono i presupposti per omologare il piano del consumatore proposto.
La proposta prevede il pagamento dilazionato delle principali esposizioni debitorie riguardanti un numero davvero minimo di creditori, e precisamente:
– Banca Popolare di Sondrio, che vanta un credito da residuo mutuo fondiario con garanzia ipotecaria di primo grado stipulato in data 19.07.2007, di originari 170.000 euro oltre interessi, dilazionato in euro 650,27 al mese, come da proposta;
– Regione Lombardia, che vanta un credito euro 708,58 per tasse automobilistiche relativo ad autoveicolo non più nella disponibilità del debitore;
Solo la Banca ha formulato opposizione evidenziando la eccessiva durata della dilazione, articolata in 20 anni.
L’assunto non è condivisibile.
Da un lato, va considerato che il mutuo in questione fu contratto nel luglio 2007 e che è rimasta incontestata, oltre che prova per tabulas, la circostanza che il debitore abbia regolarmente adempiuto delle rate originariamente convenute con l’istituto di credito per i primi cinque anni, omettendo di pagarle con regolarità negli anni successivi per le sopravvenute difficoltà lavorative e personali, pure documentate: la prospettata durata risulta dunque pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che secondo la prassi bancaria raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle indicate nel piano del consumatore in esame).
Dall’altro lato non si può nemmeno non considerare che il debitore ha offerto al creditore valore l’esatto valore del credito residuo ancora vantato dall’istituto di credito (125 mila euro, oltre interessi al 2,30%), ed addirittura una somma presumibilmente superiore a quella in ipotesi ritraibile dalla procedura esecutiva anche in caso di vendita al primo esperimento fissato al prezzo base di perizia di euro 106.341,80), atteso che gli utenti che si indirizzano verso il mercato delle vendite esecutive immobiliari usufruisce in maniera massiva della facoltà prevista dalla legge all’art. 571, II co. c.p.c., di offrire un corrispettivo ridotto fino ad un quarto rispetto al prezzo base, quale offerta minima ammissibile.
Senza considerare che in caso di allocazione sul mercato dell’immobile non al primo esperimento di vendita, ma, secondo il dato statistico medio delle procedure esecutive immobiliari registrato presso la sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Como, negli esperimenti di vendita successivi, il valore di realizzo dell’immobile sarebbe insufficiente a garantire il soddisfacimento dell’intero credito, che invece nella proposta di piano del consumatore, è assicurato.
Diviene pertanto nel caso di specie non appagante, e dannoso per gli stessi dei creditori, dilungarsi sull’attuale dibattito giurisprudenziale in ordine alla individuazione in astratto di un termine assoluto, da individuare quale parametro fisso rispetto al quale vagliare, la meritevolezza delle procedure di sovraindebitamento, dovendosi invece preferire una ponderata valutazione sulla singola fattispecie.
In assenza di un univoco dato normativo che stabilisca in maniera chiara il perimetro temporale nel quale si debbono snodare le procedure di sovraindebitamento non può che supplire la interpretazione giurisprudenziale del lato normativo, che presuppone, muovendosi nel tracciato dei principi di rango costituzionale (la ragionevole durata dei procedimenti nonché la effettività della tutela giurisdizionale).
Orbene sul punto, si fronteggiano allo stato due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, il primo che, nell’ammettere procedure di sovraindebitameto di durata anche assai rilevante, non ha mancato di sottolineare la ratio della legge 3/2012, dando maggiore rilevanza al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore sovraindebitato, mentre l’altro ha inteso individuare il limite di siffatta tutela nell’ancora più generale (in quanto involgente un interesse collettivo) principio della ragionevole durata delle procedure giudiziarie.
Più in particolare, il primo orientamento ha ritenuto di ammettere piani del consumatore con dilazioni lunghissime, anche di 20, 25 o 30 anni (Tribunale di Catania, decreti del 27.4.2016, 17.5.2016, 24.5.2016, 12.7.2016, 15.9.2016) ovvero di 18 anni (Tribunale di Napoli decreto 28.10.2015) o di 10 anni (Tribunale Napoli, decreto 18.2.2017). I parametri presi in considerazione da tale impostazone sono stati quelli per la rateazione nelle imposte erariali (di 72 o 120 rate) e per l’età del debitore, rapportata alla vita media degli uomini (79,3) o delle donne (84,6). In particolare, nei casi affrontati, i debitori risultavano proprietari di immobili, destinati a casa familiare e non inseriti nel piano del consumatore tra i beni da mettere a disposizione dei creditori, ritenendo di salvaguardare le esigenze abitaticìve degli interessati e perseguendo, così, quel fine sociale cui la L 3/2012 tende. Inoltre, in tali pronunce si è rilevato che la stagnazione del mercato immobiliare, le difficoltà di conseguire prezzi di venidta congrui in tempi accettabili e, non ultima, la considerazione che le risorse dei debitori sarebbero state penalizzate dall’esigenza di affittare un’abitazione con evidente decremento di quelle disponibili per i creditori, inducono a ritenere non utilmente praticabile l’alternativa liquidatoria.
Il secondo orientamento ha invece negato l’ammissibilità del piano nei asi di termini di pagamento per 8 anni (Trib. Pistoia decreto 28.2.2014), per 12 anni (Tribunale di Ravenna, decreto 10.3.2017). Alcuni Tribunali si sono determinati ad ammettere le procedure ponendo un tempo massimo di ora 3 ora 5 (Tribunale di Rovigo 13.12.2016; Tribunale di Milano 27.11.16) ora 7 anni, prendendo a parametro di riferimento le indicazioni della Cassazione (8468/2012) o dall’art 2 comma bis della l. n. 89/2001 (Legge Pinto) che garantisce una ragionevole durata dello strumento che qualifica come tale quella massima di sei anni per le procedure concorsuali. Ed è possibile che tale parametro possa essere riferito anche alla procedura di sovraindebitamento che è procedura concorsuale per espresso riconoscimeto legislativo (art. 6, c. 1).
Ritiene tuttavia questo giudice che non sia possibile optare per una aprioristrica adesione all’uno od all’altro dei citati orientametni, senza tenere in debita considerazione i caratteri peculiari e le specificità di ogni singola proposta di sovraindebitamento, atteso che, da un lato, proprio tale lettura è necessitata dalla stessa ratio delle legge 3/2012.
P.Q.M.
1) omologa il piano del consumatore proposto da……..
2) dispione l’immediata pubblicazione del presente decreto sul sito internet del Tribunale di Como, a spese e cura del ricorrente.
Si comunichi.
Como 24 maggio 2018
Il Giudice
Dott. Alessandro Petronzi